mercoledì, maggio 31, 2006

No Hay Banda Trio, (Tsuzuku)



Ecco, forse io sono la persona meno adatta a descrivere un disco del genere. Le mie conoscenze in tema di Jazz Core iniziano e finiscono a John Zorn, più che altro per i suoi trascorsi nei Naked City. Anche sul Jazz nudo e crudo andiamo male.

E' quindi chiaro che le mie scuse immediate si rivolgano in primo luogo al gruppo e a seguire a quanti esperti si riterrano offesi dal vocabolario che costituisce questa piccola recensione.

Ma il fatto è che, per quanto possibile, la ragione di vita di questo blog è data dal segnalare cose particolari, ma soprattutto belle ed interessanti(che siano avanguardia di tutti i tipi, metal, indie, hip hop, elettronica e via dicendo) come questo disco dei No Hay Banda Trio edito da Zone di Musica.

I No Hay Banda Trio sono costituiti da (come evidentemente suggerisce il nome del gruppo) da tre motori. Sassofono, batteria e, dulcis in fundo, un chitarrista/bassista che nella vita non ha niente di meglio da fare che suonare due strumenti contemporaneamente come fossero due pianoforti (ma praticamente in tapping!) adagiandoli sopra un supporto per due tastiere. La batteria, oltre ad essere una macina trita tutto in termini di botta e groove, si produce in patterns che assimilano cambi di registro e tempo ai limiti della follia e bellezza in termini di parte eseguita. Il Sassofono è forse l'elemento che mi ha affascinato di più dell'intero lavoro. Arrampicandosi in scale e parti magnifiche, lavora moltissimo e mi pare di capire soprattutto, sul suono e la produzione dello stesso attraverso filtri e pedali di vario genere. Immagino loop station, octaver, pitch, delay ed altre amenità. Il risultato è che sì, sono in tre, ma sembrano in dodici. Ascoltare in questo senso brani come Hot Rodeo o Giostraio Rom. Stupende e ottimamente orchestrate anche le parti di quiete come in Acquolina, brano che altalena tra fughe noise core a passaggi più propriamente jazz. Bon 1p e Bon 2p sono due assoli di sax supportati nella seconda parte (Bon 2p) da svolazzi degli altri due componenti fino all'unione dei tre in un gorgo dalla parte ritmica ora intricata, ora più leggera. Bastardi Alieni Ridateci Elvis è forse uno dei punti più alti dell'intero disco; sviluppandosi attraverso due movimenti, uno più di ambiente (in cui la chitarra e basso, suonati da una sorta di archetto di metallo, riproducono il suono di una sorta di theremin 'moscoso', se mi è permessa l'espressione. Suono questo che incrociandosi con le linee tracciate dal sax, da luogo all'atmosfera vagamente spaziale di questa prima parte) una seconda, pazza e sconvolgente nella sua schizofrenia. Tsuzuku è un bellissimo ed arioso brano in cui il sassofono se ne va al comando attraverso un ritmo veloce ed aperto.

Ora, io consiglio tutti quanti di assistere, almeno una volta, ad una performance live dei No Hay Banda Trio, perché il disco, per quanto bellissimo, non rende come invece il live, la sostanza della loro musica. Sostanza che, tanto per dirne una, ha fatto in modo che i numerosi accorsi al Brancaleone qualche mese fa per assistere agli Original Silence spalleggiati proprio dai No Hay Banda Trio, a fine serata fossero molto più interessati al trio in questione piuttosto che a Thurston Moore, Jim O' Rourke, Matt Gustafsson e compagni. E con questo credo di aver detto tutto.

domenica, maggio 28, 2006

Grandaddy, Just Like The Fambly Cat, V2, 2006


(Nota introduttiva: Sto parlando dell'ultimo dei Grandaddy, un gruppo verso il quale non riesco ad essere oggettivo, come ho già ricordato ogni qualvolta abbia parlato di loro. Se volete una recensione che corrisponda ad un qualsiasi criterio giornalistico, è proprio il posto più sbagliato della terra.)


Quando un disco si apre con una traccia come la title track, non rimane che levarsi il cappello ed ascoltare.
What Happened To The Fambly Cat, come ormai saprete, è l'ultimo album dei Grandaddy. Ultimo in tutti i sensi.

Jeez Louise è una grande canzone, di forte impatto, tra chitarre power-chord e synths deviati, distorsioni davanti alle quali, con i Grandaddy, forse si rimane sempre un pò di sorpresa. L'altra faccia della medaglia è rappresentata da Summer It's Gone, melanconica e poetica, acustica ed elettrica. Gli intermezzi e le distese elettroniche ci sono (Oxygen-Aux Send) forse come a gettare le fondamenta di un viaggio a causa del quale per andare devi sempre guardarti indietro e proprio non vorresti farlo. E allora finisce che Rearview Mirror sia uno degli episodi più commoventi e lirici dell'intero disco, anche se ti aspetti sempre qualcosa di più. Che arriva. Dallo spazio, dal vuoto, dal cavo che è presente in ogni singola traccia che compone ogni singola canzone. The Animal World è un pezzo devastante, ha la cadenza delle medicine per uscire dal buio, ché nel buio ci sei ancora ma a desiderare troppo la luce e il calore finisci per immaginarteli e quasi sentirli e sprofondare ancora di più (questo potrebbe corrispondere più o meno all'apertura al minuto 2.20 fino alla gelida chiusura dello stesso passaggio; minuto 3.04).
E poi, Skateboarding Saves Me Twice mi ricorda tante cose. Mi ricorda l'atmosfera dei film americani per i ragazzi e con i ragazzi. Da E.t. ai Goonies, passando per Explorers c'era sempre una bicicletta in mezzo. Senso di libertà, l'infanzia che se ne va via solo dal corpo ed un che di spensierata follia.
Where I'm Anymore parte che sembra presa da 17 Seconds dei Cure. Poi arrivano i Pavement. Poi arriva il Fambly Cat, e le sue tastierine e la sua vocina stridula meow meow meow.
50% riarma il disco con 1 minuto e zero 3 di chitarroni e urlacci assortiti. Con Guide Down Denied si ritorna al cantastorie, alla confessione, al resoconto. Leggete il testo, sentitelo. Così come Elevate Myself: da un altro punto di vista, meno cantautoriale, meno pesante. Frizzante e simpatica, Elevate Myself si fa strada nella nebbia emotiva del disco per diradarla, seppure per un momento.
Ma visto che siamo ai saluti, i Grandaddy si impegnano al massimo per far trasudare da Campershell Dreams un senso di ripugnante solitudine, se non per celebrarla con Disconnecty, dai toni più sostenuti. Ma la scossa finale arriva con This Is How It Always Starts. Titoli di coda del film dei Grandaddy. Cast, manovalanze, addetti ai cestini, colonna sonora e comparse, tutto scorre sullo schermo e le luci piano piano si alzano. E finisce tutto.

giovedì, maggio 18, 2006

Non è vero niente!



  • Dopo una cinquantina d'anni la sonnecchiosa penisola si accorge che tutti sogni o gli incubi, che dir si voglia, sono fatti con la stessa pasta della realtà più bieca. Dopo una cinquantina d'anni di dicerie e relative risposte più o meno piccate, la penisola si accorge che, in effetti, è tutto vero.
    Anzi, "non è vero niente" almeno fin quando non lo rendo io.
    Punto e a capo.
  • Le Vie del Signore sono infinite, quelle di Moggi lo erano, le mie no. Ovvero, al mio primo dj set, a malapena mi reggevo in piedi causa eccesso di Gin Tonic. Il risultato è stato tragicomico; pezzi che partivano random, velocità dimezzate durante il corso dei brani, e bruttissimi loop che partivano dal computer (meraviglie di Virtual Dj) a causa della mia vista moltiplicata per quattro che invece di farmi spingere il pulsante apposito me ne faceva spingere quattro insieme. Fortuna ha voluto che si trattasse di una festa di laurea popolata da soli amici. Medaglia al merito al mio compare che accortosi del mio stato nocivo mi ha velocemente dato il cambio. Chiedo scusa in ginocchio ai due festeggiati e agli invitati, andrà meglio la prossima volta (e magari rivelerò il nome del Dj duo...) !!!
  • Dovendo scegliere un cd da portare ad esempio della mia passione musicale in una trasmissione Tv, dopo una notte insonne ho finalmente deciso: porterò "And We Don't Care" raccolta uscita nel '90 degli inglesi Sore Throat, praticamenete una leggenda del Noise Core, accasatisi presso la allora storica e meravigliosa Earache Records, del signor Digby Pearson.
  • Tutto ciò mi fa pensare ad uno specialone su Earache Records sulle pagine di questo blog il prima possibile. Ovverosia tra un bel pò di tempo, peripezie personali permettendo. Per i non pervenuti, Earache Records è stata l'etichetta inglese che ha lanciato nel mondo tanto metallo fetido, ma anche nomi altisonanti quali Naked City, Scorn, Godflesh, Lawnmower Deth, Fudge Tunnel, Pitch Shifter e compagnia bella...
  • Essendo a corto di sostanze psicotrope, consiglio tutti di visitare il sito di questa interessantissima net label detta SelvaElettrica, interessata per lo più ad avanguardia ed elettronica.
  • Non ho soldi per vedere i Tool a Roma, 21 giugno. Per collette e attestati di comprensione e stima, la mia mail è in alto a sinistra.
  • Infine: ho appena deciso che Low è un capolavoro.
  • Infine 2: In bocca al lupo ai Cruel Nippon!!!

!!!BLUEEEE BLUEEE ELECTRIC BLUEEEE THAT'S THE COLOUR OF MY ROOM!!!

Update: Sono stolto. Malgrado gli inviti di alcuni amici, mi sono rigiutato di andarmi a vedere il myspace di questo qui. Insomma, io detesto abbastanza le cover, particolarmente di beatles e pixies. Ma questo lo dovete assolutamente vedere!!!!