martedì, marzo 21, 2006

Gomma Workshop, Cantina Tapes, Madcap 2006





Prendete una penna e annotate queste coordinate. Non ce l'avete? Scrivete con il sangue: Madcap Collective, Father Murphy, Stop The Wheel, Littlebrown, Oswald, Vittorio Demarin e, ovviamente, Gomma Workshop.
I ragazzi della Madcap Collective sono come quelli romanzati della scientifica. Lavoro oscuro, silenzioso, disciplinato e rigoroso. E quando meno te lo aspetti, accade che qualcuno tra loro proponga la carta vincente, o la soluzione del caso, a seconda dei punti di vista.
E, a quanto pare, provano un certo piacere nel farlo a turno.
Questa volta, ad essere insignito della palma d'oro, è quel geniaccio di Vittorio Demarin. Musicista d'eccezione in Italia, polistrumentista fatto e finito e autentico visionario a tutto tondo, liberatosi momentaneamente dai panni di Vicario nel progetto Father Murphy , ci propone questo vero e proprio capolavoro che risponde al nome di Cantina Tapes.
Album schizofrenico e profondo, quello di Vittorio Demarin è un lavoro a dir poco geniale: elettronica, samples, field recordings, influenze di classica (contemporanea e no; da Philip Glass a Dvorak). L'album Cantina Tapes si sviluppa attraverso 10 tracce, una più bella dell'altra, in un percorso a strati che via via si scopre sempre di più. PIJAMA 'oRAMA, traccia iniziale, è un manifesto programmatico del contenuto del disco, sospesa tra tre capitoli distinti, programmazione digitale, danze ungheresi e per finire cinesi. Esercizio/variazione di schizofrenia compositiva, seguito da goLO80se, un tappetodi glitch, disturbi sonori e interludi di fiati, conditi da loop di glockenspiel, il tutto in una struttura che ricorda a tratti i Black Dice di Broken Ear Record e momenti di riflessione jazz core. FANTAJMA, tango disturbato e malato, ubriaco nell'andamento goffo e scoppiato da chi ne ha bevuti troppi in balera lascia spazio ad una più riflessiva KANGAROO vs. BEAR, ballata jazz dai colori baltici (merito di un clarino che definire esaltante sarebbe poco), da ascoltarsi preferibilmente camminando sulla prospettiva Nevski, bottiglione di Vodka alla mano. Dopo il breve interludio di soLOFOne, fantasia su basso portante, arriviamo a KGPHONO -concert for tapes and vynils-, dal contrabbasso pulsante e mulinelli di sonori, che rimanda ai dEUS della meravigliosa Theme From Turnpike. Idealmente collegata con soLOFOne, KGPHONO, meLOTOne costituisce assieme a quest'ultime il cuore del disco. CLOWNSCLAN, una delle migliori tracce (ma rimaniamo sempre nel territorio mai ben definito dell'imbarazzo della scelta) di questo lavoro, si annuncia con uno scaccia pensieri siciliano processato, amalgamato ad incursioni orchestrali commoventi, arrangiamenti circensi, e suggestioni cinematografiche, il tutto attraverso un caleidoscopio di impressioni e montaggi ad arte. WOODHOOD sembra pescata di peso tra le incisioni di Franco Battiato dei primi anni '70 (goutez et comparez su tutte), riaggiornata con un gusto ambient alla Labradford di A Stable Reference e piccoli interventi rumoristico-paranormali degni del miglior Steven Stapleton. In chiusura, caLOMOre, adagiata su onde di synth e oscillazioni di glitch, per chiudere su percussioni, fiati jazz core e incroci di due slap bass, giocati attraverso i canali stereo.

Questo Cantina Tapes è un vero e proprio piccolo capolavoro, e di questo va reso merito senz'altro al genio di Vittorio Demarin (tra le altre cose, se vi capita di vedere i Franklin Delano in tour, cosa della quale spero abbiate occasione, scambiateci due chiacchiere, perché adesso suona anche assieme a loro) e, in particolare, alla Madcap Collective, etichetta, ma specialmente, gruppo di persone che non ne sbaglia una.

Nel loro piccolo, purtroppo.

2 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Lovogliooo!!! Però basta citare Battiato e Stapleton devi citare per par condicio pure i Belle e Sebastian e le Pipettes :DD

5:58 PM  
Anonymous Anonimo ha detto...

ciao carino!
ti scrivo dal linux che è pieno di computer.
lavinia

9:34 PM  

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